8 ottobre 2017

"Robinson, La Repubblica"

Il thriller è d'azzardo

Ana di Roberto Santiago ( Rizzoli )

Abbiamo un nuovo, grande, giallista spagnolo: Roberto Santiago. Era già noto nel suo paese come sceneggiatore, drammaturgo, regista e soprattutto per una serie fortunata di libri Young Adult ambientata nel mondo del calcio, Los Futbolísimos, che ha venduto più di un milione di copie. Ora ha conquistato il mercato internazionale con Ana (traduzione di Roberta Bovaia, Rizzoli, pp. 832, € 22), che è molto più di un coinvolgente legal thriller pieno di colpi di scena, su cui inevitabilmente cadranno briciole e macchie di sugo perché è impossibile staccarsi anche solo per mangiare. Ana è un romanzo complesso sulla ludopatia, un tema tragicamente attuale, non solo in Spagna.
Ci chiediamo spesso se, come e quando, i libri di genere possono essere considerati letteratura o puro intrattenimento. In questo caso, la risposta è ambigua, perché l’intrattenimento c’è eccome, e senza remore, è proprio una scelta di fondo, anche molto onesta, a partire dalla totale aderenza al genere. Eppure, dentro a questo contenitore popolare, si insinua qualcosa di molto scomodo. Il tema della dipendenza dal gioco ha una grande tradizione letteraria, ma qui ci si interroga, anche da un punto di vista giuridico, sulle responsabilità che hanno le società che lo controllano e lo Stato. Perché non sollevare la questione attraverso un legal thriller? Ecco la prima carta di Ana, che racconta gente rovinata dal poker attraverso un bluff meravigliosamente onesto, come il piacere della lettura.
Ana Tramel, avvocato in declino, riceve una telefonata da suo fratello, che non sente da anni: è in galera, accusato di avere ucciso il proprietario del casinò Gran Castilla. Vuole essere difeso da lei. Purtroppo le telecamere di sorveglianza hanno registrato l’omicidio e poco dopo Alejandro viene trovato impiccato in carcere. Si spalanca così il baratro sulla sua malattia che porterà a un nuovo processo, di tutt’altra natura. Il casinò chiede alla vedova, una spogliarellista polacca con un figlio di tre anni, di pagare i debiti di gioco del marito (più di ottocentomila euro). Peccato che i proprietari del casinò abbiamo costretto con prestiti e minacce una persona, che cercava di uscire dalla sua dipendenza, a ricadere nell’incubo, spingendolo a distruggere la sua vita.
La seconda carta del romanzo è la protagonista femminile. Un asso, sicuro. Ma non per la sua unicità. Sappiamo bene che nei thriller funzionano i perdenti – forse perché con loro ci possiamo identificare – che naturalmente avranno il loro riscatto, come nelle favole. Da Millennium a La ragazza del treno, il segreto è sempre Cenerentola (in un thriller di oggi, Cenerentola sarebbe una depressa alcolizzata, che perde la scarpa inciampando sbronza sulle scale). E Ana, avvocato geniale, in rovina per colpa della sua dipendenza da farmaci e alcol, possibilmente mischiati, appartiene in pieno a questa categoria. Con un sovrappiù di consapevolezza autoironica, che si fa proprio amare.
Del resto, il grande successo dei gialli è dovuto alla loro funzione catartica (molto simile a quella delle favole). La morte diventa qualcosa che si può risolvere, c’è addirittura qualcuno che riesce a trasformarla in un trionfo. Forse è per questo che la gente ha così bisogno di leggerli. I thriller, di qualsiasi tipo, in realtà non fanno davvero leva sulla paura – quella concreta e terribile, indefinita e profonda: io morirò, tu morirai – ma sul suo contrario. Il loro scopo, semmai, è fartela dimenticare. E la partita è definitivamente vinta (in questo caso con un finale a sorpresa all’altezza di tutto il resto). Per una volta, fra l’altro, senza bisogno di atmosfere nordiche, molte nevicate e il freddo di ordinanza. Qui si suda nelle aule di un tribunale di Madrid, spesso con l’aria condizionata rotta.
In questo romanzo sul gioco non compaiono mai i bari (bluffare è diverso, fa parte delle regole). Nel mondo dei casinò, come in quello degli avvocati, conta solo una distinzione, molto più seria: quella fra professionisti e dilettanti, fra chi ha talento e chi no. Roberto Santiago appartiene alla categoria dei grandi professionisti, che possono spennare qualsiasi lettore, colto o ingenuo. E ha davvero talento, come Ana Tramel.

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