5 novembre 2017

"L'Espresso"

L'insostenibile peso del riscatto

Tutto è possibile di Elizabeth Strout (Einaudi)

La cosa più assurda della vita è «quanto dimentichiamo eppure ci portiamo sempre appresso – come arti fantasma»: di questo parla Tutto è possibile di Elizabeth Strout, (traduzione di Susanna Basso, Einaudi). Più che un romanzo è una raccolta di raffinatissimi racconti collegati fra loro – alla maniera di Olive Kitteridge. Lucy Burton in realtà compare in uno soltanto, per il resto aleggia, come una promessa o una minaccia. Siamo ad Amgash, Illinois, fra distese di campi di soia e mais, e la sua storia di miseria e di riscatto turba l’intero paese. Lucy è diventata una scrittrice famosa, ma tutti ricordano chi era prima, la bambina che cercava il cibo nella spazzatura. Lei per prima, nella sua breve apparizione, non è in grado di sopportare il suo passato e scappa travolta da un attacco di panico dopo una chiacchierata con i fratelli. Tutto succede «in quel modo in cui la gente di provincia si conosce e allo stesso tempo non si conosce davvero». La gente giudica Mary, che ha lasciato figlie e marito per rifarsi una vita a settant’anni con un uomo più giovane, in Italia, ma nessuno sa cos’ha vissuto. Lei è l’unica che, come Lucy, ha avuto il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle per cercare la felicità. Tutti gli altri sono rimasti a combattere le umiliazioni, accettando la vita per quello che è o aggrappandosi al denaro, inaffidabile forma di salvezza. Tutto è possibile è la struggente epopea di chi fugge e di chi resta, ma con i toni della Strout, che ama solo l’epica dimessa della quotidianità.

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