16 marzo 2008

"Il Sole 24 Ore"

Gli squali sotto la Mole.

Al suo quarto romanzo, Caterina Bonvicini (classe 1974) riesce a spiazzarci. Dimostrando come si possa scrivere un libro terribile con lievità di scrittura. È tremendo, certo, L’equilibrio degli squali (contrapposto allo squilibrio degli uomini), in quanto cronaca non solo di una, ma di più depressioni.

Lo scenario è Torino, «una vecchia capitale in declino, tagliata fuori dalla storia, afflitta da una tristezza greve e provinciale»; pervasa dal sentore di una violenza repressa; crudele nella sua contraddizione fra quartieri eleganti e ghetti, a un passo gli uni dagli altri. Che di peggio per alimentare gli stati d’animo negativi di un depresso? E la prima a soffrire di depressione è proprio la protagonista del libro, la trentenne Sofia. Una bella ragazza che campa fotografando matrimoni. Lei che, a sei anni d’età, ha assistito al suicidio della madre, volata giù dalla finestra dopo aver tentato di trascinare con sé la piccola in una specie di rito sacrificale. Farfugliando che, come «Abramo ha dovuto farlo, proprio con Isacco», così «anch’io devo». Brutta faccenda. A Sofia resta Nando, un padre assente, sempre in giro per il mondo a fotografare squali. E a sfiorare con incosciente disinvoltura ogni giorno la morte. Lui che, quando la figlia compie 18 anni, le regala la collana di perle della mamma (subito gettata nel Po) e un pacco di lettere, anch’esse della madre. Dove lei racconta la sua cupa infelicità, la sua solitudine, e l’amore, finito male, per un certo Carlo, un imbecille. È lo stesso Nando, inoltre, a inondare Sofia di film in cui si vedono squali: soli, accoppiati, in gruppo, squali bianchi, squali grigi. Un’ossessione.

La continua alternanza di piani è ciò che anima e alleggerisce il romanzo, sottraendolo con la calibrata eleganza di uno stile affettuosamente ironico al rischio dell’eccesso di angoscia. È il costante, movimentato andirivieni temporale a dar vita ai trasalimenti di Sofia, ai rischi del ricordo. Al contrasto fra l’opacità del quotidiano e qualche flebile momento di allegria. Sofia, certo, non ha il dono di incontrare le persone giuste. A partire dal marito, Nicola, che le appare l’uomo più normale del mondo; salvo poi rivelare una depressione profonda, accompagnata da pseudo-tentativi (esibizionistici) di suicidio. Arrivando fino al punto di sbatterla, alla lettera, fuori di casa. Né va meglio, alla ragazza, con Arturo, biondo, interessante e gentile: anche lui un depresso. O Marcello, un regista incontrato al Casinò di Venezia, in una sera di euforia per il gioco: è sposato, sposatissimo e, non bastasse, è un altro depresso.

Sa descrivere benissimo, la Bonvicini, i tic e gli egoismi di questi uomini che, di continuo, entrano ed escono senza tanti complimenti nella vita della protagonista. E il vuoto di anime che cercano invano risorse fuori di sé. Sa anche cogliere luci e colori delle stagioni: simboli della vita che, intorno a Sofia, scorre.

Riuscirà a salvarsi? A (se mai il termine ha un senso) maturare? A raggiungere un suo equilibrio, lei che non ha la pinna caudale degli squali? Lo vedrà il lettore.

Giovanni Pacchiano

Indietro