12 marzo 2008

"La Repubblica"

Storie di squali di sesso e d’amore.

Squali a Torino? Con l’acqua che invade le strade e copre la città? Niente paura: si tratta di un fotomontaggio, o si trova sulla copertina dell’ultimo romanzo di Caterina Bonvicini, L’equilibrio degli squali. Che è un inno alla bellezza di Torino, variamente ripetuto, gridato, dichiarato dalla protagonista: una fotografa, figlia di un documentarista specializzato in squali.

Gli squali sono suoi, filmati da lui e inviati alla figlia che poi li manipola… È una delle più sfacciate sovrapposizioni di questo romanzo, che sulle sovrapposizioni è interamente giocato. La protagonista, per esempio, scopre una sorta di alter ego nella madre suicida: ha ritrovato un fascio di sue lettere non spedite (a un amico gay) che illuminano la depressione di lei, una love story finita male e il suo rapporto con la figlia che ora sta leggendo. Un rapporto pieno di amore, disperazione e follia. Chiuse in casa consumano i pasti a letto senza curarsi dello sporco accumulato tra le lenzuola.

Il tema della depressione passa attraverso diversi personaggi: Sofia (così si chiama la protagonista) si sposa con Nicola: un ragazzo affetto da crisi maniaco-depressive. Lo lascerà, ma finirà per legarsi (contemporaneamente) con altri due depressi, il regista Marcello e l’imprenditore mezzo fallito Arturo. Una giostra in cui ogni personaggio fa da stampella momentanea all’altro: sesso, amore e disperazione si danno il cambio nello scenario di una Torino sempre dichiarata bellissima e percorsa nelle sue strade e piazze più note. Alla vita di Sofia si intreccia da lontano la vita del padre: anche il padre ha i suoi amori. È legato ad una donna che ha un figlio e una figlia. Ad un certo punto Sofia scoprirà che le stesse attenzione e gli stessi video inviati a lei partono anche in copia per la piccola figlia della compagna del padre. Gelosia. Ancora una volta una sovrapposizione. E ancora una volta una crisi di identità. Chi è tutta questa gente? E chi sono io?

Il romanzo di Caterina Bonvicini adotta una cifra leggera per narrare eventi pesantissimi: crolli, insicurezze, incapacità di prendere decisioni. La morte va ringraziata. È come se la scrittura si fosse giovata dell’effetto rasserenante di uno psicofarmaco: tutto è come è, ma lo si può persino sopportare e voltare, alla fine pagina. E gli squali? Verremo a saperne molto, pagina dopo pagina. Sono lontani, lontanissimi (e dunque rassicuranti) ma anche molto vicini. Toccandoli sul naso entrano in una specie di ipnosi. Per avvicinarli bisogna però conoscerli molto bene. Bisogna amarli. Ma si può amare uno squalo? E un uomo? Ancora una volta una sovrapposizione, difficile da sciogliere. Infatti il romanzo non offre una vera soluzione. Solo una situazione. Paradossale o realistica, a seconda dei momenti. E ripetuta, come un’ossessione.

Paolo Mauri

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